Borghi Silenti

 

Emanuele 

 

 

Pasquarella

Esistono luoghi in questa grande palla sospesa nel nulla, nei quali sembra che il brulicante genere umano abbia voluto a tutti i costi imprimere il marchio profondo delle proprie credenze, convinzioni, convenzioni, leggende, sogni ed incubi. 

Davvero non si può descrivere la gioia di tornare a casa e scoprire ancora una volta i mille risvolti celati nelle pieghe del tempo ed impressi nelle macerie, materiali e spirituali, che quelle storie, quelle leggende, quelle favole, a volte macabre a volte dolci, quelle Tradizioni antiche quanto la terra che le accoglie, siano sempre lì ad aspettarci, per essere scoperte e riscoperte ancora una volta. 

Perché non vengano dimenticate ed il loro eco si perpetui ancora a lungo, oltre il confine del tempo e dello spazio, nella memoria collettiva di territori oggi aspri e incontaminati, un tempo scenario spettacolare di queste storie.

Incredibile scoprire o riconoscere resti e rovine di antichi monasteri millenari; immaginare la sagoma di un castello lì dove non è rimasto più nemmeno un cumulo di sassi; una antica fabbrica di epoca romana scoperta pochi anni fa, principale fornitrice di pregiate ceramiche a Roma attraverso il Tevere; ruderi di antichi insediamenti rurali, forse di contadini o pastori o carbonari; attraversare un ponte medioevale perfettamente integro.

Rievocare la leggenda della Regina, la Madonna, che qui sconfisse il Diavolo suo rivale oppure quella del leggendario incontro tra un piccolo frate devoto ed un serpente mostruoso, il Regolo. Il Drago di queste terre.

Immaginare la storia di un manipolo di briganti condotti da un cavaliere di ventura reietto mettere a ferro e fuoco queste terre e spadroneggiare in barba ai principali feudatari.

Raccontare la storia della potente famiglia nobile francese che detenne per secoli queste terre, giocando un ruolo fondamentale negli equilibri tra Todi Orvieto e Amelia: i Montemarte verranno chiamati per secoli, ma il loro vero nome è lo stesso, perché da quella terra giungevano, di un famoso quartiere parigino… Montmartre!?!

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Culti antichi perduti nella notte dei tempi legati al dio che i romani avrebbero poi chiamato Marte; incroci di sentieri e folklore che spingono ad immaginare sabba e rituali antichi e ‘profani’. 

Grotte carsiche con i loro incredibili flussi di aria gelata, venerate per millenni quali luoghi magici e presumibilmente di passaggio tra dimensioni differenti.

Ammirare un castello antico e romantico ricostruito più volte nel corso dei secoli, nel quale si infransero il cuore, la vita ed ed i sogni di una giovane cantante lirica oggi dimenticata, ma al suo tempo, agli inizi del ‘900, una vera stella planetaria.

E poi l’epicentro di tutto questo spettacolare mondo incantato: l’Eremo e la sua grotta, incastonati nel punto più impervio della gola, occupato per la prima volta, nella notte dei tempi, da eremiti di origine Siriana, giunti probabilmente a convertire i popoli locali legati con forza millenaria a culti ben più antichi di quello cristiano

Luogo di culto e rifugio di anime erranti di ogni epoca, ormai solitario dalla presenza dell’uomo con la scomparsa dell’ultimo eremita, riportato in vita occasionalmente da turisti che attraversano il cammino dei borghi silenti, ignari di quanta storia e leggenda li circondi realmente, dalle celebrazioni cattoliche legate all’eremo che ancora resistono e, a volte, da un manipolo di Amici che, legati dal loro infinito amore per la propria storia si immaginano, con dissacrante ironia, gli ultimi veri Signori di queste terre. 

Ben sapendo che la Magia e la potenza ancestrale di questi luoghi ameni, selvaggi ed eterni, appartiene soltanto a se stessa.

 

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O Regina cortese, io so a voi venuto
ch’al mio cor feruto  deiate medecare.
Io so a voi venuto  com’omo desperato da omn’altro aiuto;   lo vostro m’è lassato;
se ne fusse privato, faríeme consumare.
Lo mio cor è feruto, Madonna, nol so dire;
ed a tal è venuto, che comenza putire;
non deiate soffrire de volerm’aiutare.

Laudi – jacopone da todi